sabato 10 aprile 2010

IL SENSO DELLA DISFATTA



Il senso della disfatta.

Soffice è il vento che culla la disfatta,
poiché altro non porta che un senso di incompiuto,
scevro di pesantezza, dimensione e forza,
soltanto intriso di delusione per un destino ormai svanito.
Poteva andar meglio, sicuramente questa vita,
nutrirsi dello stesso pane e dello stesso vino di tante altre piú compiute, 
che senza sforzo e senza ardore, terminano comunque un percorso dignitoso.
Viviamo per creare il sogno infinito di un senso di bene, come pittori ispirati soltanto a metà,
che usano i colori con avarizia, mentre di tristezza e tenebra abbondano,
rendendo i loro quadri esperienze monocromatiche, meravigliosamente incomprensibili.
Cosí, anziché far nascere lumi da solitari amplessi di luce ed ombra, 
di sole e oscurità,
come in un incesto malato fra sentimento e amor proprio,
portato all'eccesso dal senso di necessario
creato ad arte per sopportare la nostra cieca condizione.
Cosí mi tormenta il rimorso di quando ho acquisito la consapevolezza ma non il vigore,
il pensiero fugace spoglio di alcuna dedizione, 
E cosí mi sovviene che se tutto questo non fosse mai accaduto,
oggi le foreste del mio spirito si perderebbero sul mare,
evitando che la tempesta infuocata
si abbattesse sulle nostre case, dove dimora l'anima e le cose preziose.
Senza pietà è infatti il vento
quando canta il poema della morte,
E nei sibili fra legna e mura intona una canzone, che ad ogni modo urla il nostro nome,
dimenticato dalla notte dei tempi e dall'esilio terreno,
e da tutte quelle necessità prive di sostanza,che la civiltà ha portato al mondo.
L'orrore nero di una specie che si estingue
è poca cosa di fronte ad un intero pianeta morente.
Siamo come marionette vendicative, digrignanti, declamanti e dall'animo mendace,
e ci siamo rivoltati verso il nostro creatore non appena volse lo sguardo per un attimo su qualcun altro.
Cosí siamo tornati ad esseee quello che da sempre calpestiamo, con odio forsennato e amore di zucchero,
Mentre i sensi di colpa perdono tempo a camminandoci sul ventre insonne.
Forse potrai chiederti un giorno, di qual giorno, che non sarà mai quello che ti aspetti,
quale epoca mai poteva essere cosi folle,
cosi stupida, ottusa e maligna
da pregiudicare quelle successive.
Da non lasciare traccia alcuna
di amore e benevolenza nemmeno in linea di principio.
Forse certe domande, dovremmo farcele piú,
perchè oggi non più necessarie, poiché ormai é tardi e nulla piú potrà ricondurci in salvo.
Il dolore dell'incompiuto assilla le mie orecchie,
non permettendomi di udire, nemmeno il canto di questa canzone, che si spegne e sprofonda nell'oblio, assieme a me, assieme a te.

(Eoie)