venerdì 20 marzo 2015

QUANDO SI SPEGNE IL SOLE

Quando la sera acquieta membra ed anima e scurisce il lume ma non il fuoco, i pensieri corrono allora lungo sentieri nevralgici, di sofferenza e di dolore, di un ricordo di passione. Così, soccorrendo il tempo, cambiamo d'agito, cercando a tentoni un più rimarchevole pensiero, potente e tacito. Ma poi quando giunge l'ora del mattino, quella dove i cani corrono ad abbaiare e dove del male non si sente più alcun frastuono, il mare calmo improvvisamente si congiunge al cielo, avvolgendo di blu l'universo, immenso e se penso grande come gli occhi non hanno visto mai. Così quando poi la verde brezza finalmente risoffia nella nostra vita, mentre ancor teniamo chiusi gli occhi vediamo gli stormi di uccellacci volar di nuovo in cielo, portatori dell'eclissi e capaci di soffocar persino il pittore più diabolico. Ma non sappiamo vivere in pace, così mentre il sole nero maledice la sua stessa fronte, allo stesso tempo benedice la terra con il senso di imperfezione.
 

Ed è qui che il ricordo beffardo si sbieca ed un urlo stridulo irrompe nella quiete: giunge l'orrore di un mondo senza colore, bianco e lucente di perfezione e candore. Non siamo pronti a questa chiarezza, ove il quale appariamo tutti sporchi. Come un impulsivo terremoto di sangue e merda, che spegne il sole come una lampadina. Ombre tetre corrono ora sul lungo muro della vita, quei sentieri nevralgici di prima, che affogano nel dolore e nella triste e sterile esistenza del più imprevisto orrore. Non c'è più risveglio da questa vita, non c'è più perdono, della occulta tenda nera resta appena un drappo funebre, che non protegge dalla luce mortale il nostro stesso universo. Così luce e perfezione non son degne del nostro nome poiché siamo creature impefette, scarti esistenziali necessari solo a noi stessi. Abbiamo bisogno del male per vivere e godere, come storpie creature accondiscendenti di un attimo di fulgore, sovente scambiato per vita ma in realtà solo patimento, postribolo e dolore.

E quando poi si spegne il sole, non vediamo che tutto nero per il crollo del colore, torniamo nell'occulto di un sogno che sin dalla nascita a fatica ancor ci alleva. Ci corregge da una vita che spesso confondiamo con il destino, oppur ci autoelogiamo per chissà qual carattere fatto di discendenza ed eloquenza, per chi sente, per chi ci pensa. Così in questa triste essenza di nulla dichiarato, non ci spaventa la tenebra bensì l'inesistenza, cioé la più pallida sensazione di vuoto e di terrore, della luce divina ancor più di quando si spegne il sole.


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